#CannabisLegale : una battaglia di civiltà

image

Sbarca oggi alla Camera il ddl per la #CannabisLegale.
La proposta di legge elaborata da Benedetto delle Vedova (PD), porta la firma di oltre 200 parlamentari, ed ha l’obiettivo di discutere, finalmente in Parlamento, su una questione che in tantissimi Stati democratici è stata affrontata in passato, senza pregiudizi e banalità: “quella di ammettere che il proibizionismo ha fallito”.

La questione deve essere analizzata da tantissimi punti di vista e non può essere affrontata in maniera sommaria e/o bigotta, come il più della volte “la politica del consenso” ha fatto. Nessuno vuole aprire la strada alle droghe in Italia e nessuno vuole incentivare l’uso delle droghe nei giovani e/o nelle prossime generazioni. 

Cm8hA_mXgAAh8Fi

In primis, bisogna capire perchè la Direzione Antimafia ha espressamente consigliato di mettere fine all’era del proibizionismo. Chi saggiamente combatte e contrasta la criminalità, tutti i giorni,  si è reso conto che un simile fenomeno non può essere contrastato con la repressione bensì va combattuto all’inverso: cioè tollerando quella che ormai è diventata una consuetudine.
Parliamoci chiaro e senza ipocrisie: più di 79 milioni di cittadini europei hanno fatto uso di cannabis nella loro vita, in Italia sono più di 13 milioni. Quindi non dobbiamo scandalizzarci se tantissime persone hanno chiesto che questa tematica fosse discussa, una volta per tutte, in Parlamento.
Pensiamo, inoltre, alla mole di soldi pubblici e di attività investigative che si sprecano andando a reprimere l’uso della cannabis.
A cosa ha portato questo uso di soldi pubblici ?
Abbiamo forze di polizia che invece di concentrarsi su tematiche serie, vanno dietro a dei ragazzini nemmeno se fossero i peggiori criminali.
Con quale risultato, visto che è sempre più facile reperire erba per strada?
Se ci aggiungiamo anche la mole di lavoro per tribunali, assistenti sociali e strutture socio-sanitarie appare evidente il fallimento delle politiche proibizionistiche.

Ancora: si stima che il consumo della cannabis, abbia un indotto economico che si aggira intorno ai 6-8 miliardi di euro annui.
Si tratta di soldi che rappresentato quasi 1/3 di una manovra economica di un Governo occidentale e che ogni anno vanno a finanziare la criminalità organizzata.
Pensate che il taglio di IMU e TASI sulla prima casa costa intorno ai 3,7 miliardi di euro annui, pensate quante cose si potrebbero fare con i 6-8 miliardi della cannabis legale e quanti servizi potremmo offrire ai cittadini?
Oggi, queste cifre restano nella mani della criminalità organizzata che, grazie al mercato nero ed a un’inutile opera di contrasto, finanzia le proprie attività.

Uruguay MarijuanaAncora: i dati dimostrano, sulle esperienze di Stati democratici come Uruguay, Olanda, Belgio, Portogallo, Spagna, Repubblica Ceca ed alcuni Stati Americani (Colorado, California, ecc…) che “depenalizzando” o “legalizzando” nel corso degli anni il numero dei consumatori diminuisce.
Alla faccia di chi punta il dito contro ad un simile atteggiamento affermando che in questo modo si apre la strada verso un incremento del consumo di droghe: i dati dimostrano il contrario!

Ancora: la cannabis ha una moltitudine di usi e proprietà benefiche.
Pensiamo al campo terapeutico della cura della Sclerosi Multipla, la cannabis risulta essere una delle soluzioni più benefiche per i malati che grazie alle sue qualità “anestetizzanti” riescono ad alleviare i dolori. Ma questo non è l’unico campo di applicazione, infatti la cannabis viene usata anche per i malati di cancro che sottoposti alla chemioterapia perdono appetito.

Potremmo andare avanti ad oltranza, trovare altri 1000 motivi per i quali è giusto legalizzare o depenalizzare il consumo di cannabis in Italia.
Non siamo qui per questo e non rappresentiamo la lobby della cannabis in Italia.

Quello che più ci preme è aprire gli occhi degli ipocriti e dei bigotti, cercare un confronto serio in Parlamento che vada oltre le posizioni retrograde di Lupi, Lorenzin e Giovanardi che per ostacolare il dibattito hanno presentato più di 1.300 emendamenti alla proposta di legge (in pratica più di quelli proposti nella totalità della loro attività parlamentare di oltre 20 anni).

Vogliamo che la classe politica si assuma, una volta per tutte, la responsabilità politica, culturale e morale di discutere una legge che sia in linea con i diritti civili ed i principi morali che in altri Stati democratici sono stati garantiti già da diverso tempo.

Non sottovalutiamo la questione: è una battaglia di civiltà, di democrazia e di libertà costituzionali !

 

#Diaz: la notte nella quale i diritti civili non ebbero alcun valore.

ITALY-G8-GSF-RAID-SCHOOL-AFTERMATH

Quello che successe il 21 giugno del 2001, nella scuola Diaz di Genova, non è mai stato raccontato per intero dai media, dalla classe dirigente, dai vertici della Polizia di Stato.

È una pagina talmente buia della nostra Repubblica che mai nessun libro di storia racconterà.

Noi italiani siamo fatti così: ci affezioniamo a tutto e tutti tranne che alla verità.

Nessuno ha mai voluto conoscere quello che è realmente accaduto nella notte dell’irruzione alla scuola Diaz. Sopratutto mai nessuno si è assunto la responsabilità politica, legale e culturale di una mattanza ingiustificabile in uno Stato di diritto (?).

È solo grazie alla forza, alla caparbietà ed alla voglia di giustizia di tantissimi giornalisti, di un PM e di coloro che hanno vissuto sulla loro pelle le atrocità di quelle notte, se forse oggi sappiamo realmente come sono andate le cose.

Il nostro sistema giudiziario non è mai stato efficiente e nemmeno su queste vicende lo sarà. Ci siamo dovuti rivolgere all’Unione Europea, che tanto odiamo, per avere giustizia. È stata la Corte Europea dei Diritti Umani che a distanza di 14 anni ha stabilito che quella notte alla Diaz, il nostro corpo militare (PS e CC) mise in atto vere e proprie TORTURE.

Ebbene sì, si trattò di TORTURA ed ecco gli estratti delle motivazioni della sentenza:

Il capo di condanna riguarda la violazione dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti umani, a cui l’Italia aderisce. La norma vieta agli Stati firmatari “la tortura e ogni altra procedura che, anche non attraverso le lesioni fisiche, si traduca comunque in trattamento degradante e umiliante” nei confronti di individui detenuti, arrestati o anche semplicemente sottoposti a provvedimento di fermo, come appunto nel caso genovese. Va ricordato peraltro che per tutti i 93 fermati nel blitz perché accusati di fare parte del famigerato black bloc le accuse di associazione a delinquere finalizzate a devastazione e saccheggio sono in seguito cadute, rendendo di fatto giuridicamente immotivata l’azione della polizia.

Pur senza soffermarsi sull’altro capo d’accusa, ossia la presunta violazione dell’articolo 13 (inadeguatezza delle indagini) nella sentenza i giudici della Corte si spingono anche oltre, sostenendo che se i responsabili non sono mai stati puniti è soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate. Inoltre la Corte ritiene che la mancanza di determinati reati non permetta all’Italia di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell’ordine. “Il carattere del problema è strutturale” si legge infatti nel documento “visto che ancora compete allo Stato italiano la composizione di un quadro giuridico appropriato, anche attraverso disposizioni penali efficaci”.

Tutti coloro che furono responsabili di questa mattanza non sono stati mai puniti, anzi come il tempo ha dimostrato, sono stati premiati con nomine dirigenziali ed avanzamenti di carriera (Per chi volesse approfondire http://www.linkiesta.it/it/article/2015/04/07/torture-alla-diaz-si-ma-in-italia-li-abbiamo-premiati/25390/) .

A noi giovani del nuovo millennio toccherà tenere vivo il ricordo di quella notte affinché simili atti non si ripetano mai più, la notte nella quale la democrazia, i diritti civili e le libertà personali lasciarono il posto alla TORTURA ed alla VIOLENZA.

Carlo Giuliani: 15 anni dopo

‪#‎CarloGIuliani‬

Devo essere sincero, sulla vicenda di Carlo Giuliani mi sono ricreduto ed ho più volte cambiato idea. Inizialmente, enfatizzato dai media, mi sono lasciato trascinare da un’ondata di perbenismo ed ovvietà: “se era lì, con un estintore tra le mani, che cosa si aspettava?!?”.

Commenti che appaiono più che logici, se ci si sofferma ad analizzare la vicenda sommariamente.

Cn0N1VAWEAM8Qgx.jpg-large

Però a distanza di anni, dopo processi, smentite, accuse e condanne, se entriamo nello specifico della vicenda, appare irrazionale punire un ragazzo con un estintore in mano con la pena della morte, non credete?
Trovo paradossale che a distanza di 15 anni, da quel fatidico 20 luglio 2001, ci sia ancora qualcuno che giustifichi la morte di un ragazzo come conseguenza del suo essere li a protestare.
Certo, non si protesta con un estintore tra le mani però in uno Stato di diritto (?) la pena per un simile gesto può essere la morte?
Ritengo, ancor più paradossale, che a distanza di cosi tanto tempo, nessuno abbia pagato per la morte di Carlo Giuliani e che ci siano divisioni ideologiche talmente forti, da andare oltre la vita di un ragazzo.
Dagli errori avremmo dovuto imparare ed invece in Italia abbiamo regalato promozioni ed onorificenze a DeGennaro&Company, gente che avrebbe dovuto garantire la sicurezza e l’ordine pubblico e che invece ha messo in atto vere e proprie TORTURE (lo ha stabilito la Corte di Strasburgo) contro cittadini indifesi.

Ecco, forse a distanza di 15 anni, qualcuno deve avere l’umiltà di stare zitto, rimanere in silenzio perchè in piazza Alimonda ha perso la democrazia, ha perso lo Stato di diritto, ha perso la civiltà, ha perso una nazione intera!

Per chi volesse approfondire, invito a guardare questo documentario chiamato “La Trappola” prodotto con immagini, filmati e registrazioni presi dal processo.